Martedì, 5 Novembre 2024

È ormai sempre più diffuso, anche nel mondo notarile, l’utilizzo di programmi gestionali in cloud computing.
Con il termine inglese cloud computing (in italiano, quasi letteralmente, “nuvola informatica”) si indica un insieme di tecnologie che permettono di memorizzare ed elaborare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware e software che non si trovano fisicamente nel computer dell’utente bensì in un computer remoto, raggiungibile attraverso la Rete.
Grazie a questa tecnologia gli utenti collegati al fornitore di servizi cloud (cloud provider) possono utilizzare software complessi e archiviare grandi quantità di dati in remoto tramite un semplice internet browser. (1)

I benefici

I vantaggi che vengono associati alla dislocazione del software gestionale sono noti:
– non occorre acquistare computer potenti né dischi di archiviazione,
– l’aggiornamento dei software avviene automaticamente,
– non esistono complicazioni in caso di migrazione ad altri sistemi operativi,
– i dati sono accessibili anche da dispositivi esterni allo studio (il computer di casa o un qualunque tablet).

Inoltre, si afferma, le infrastrutture di proprietà rendono indispensabile l’acquisto di importanti risorse informatiche con il rischio, per un calo di attività, che successivamente restino inutilizzate. Con la tecnologia cloud, invece, l’hardware e il software necessari possono aumentare o diminuire su richiesta dell’utente e in tempo reale.
Gli argomenti che si portano a sostegno della scelta in cloud sono quindi:
– la riduzione della spesa necessaria per dotarsi di un’infrastruttura informatica,
– la semplificazione della sua gestione e la flessibilità delle risorse.

Ma questi vantaggi sono reali?

Sicuramente il cloud, in un momento in cui il mercato vive grandi cambiamenti, consente di adattare l’organizzazione in modo più semplice e immediato, e consente pure di eliminare difficoltà d’accesso ai sistemi informatici tra persone che operano in sedi diverse dello studio, collegarsi ai propri dati anche quando ci si trova presso un cliente o presso una banca, o addirittura rimediare all’inagibilità dell’ufficio.

Il cloud computing, infatti, si sposa molto bene con l’utilizzo sempre più esteso dei dispositivi mobili, che oggi spesso riusciamo a sfruttare solo in parte.
Tutto questo è vero, ma in realtà la tecnologia consente anche al piccolo studio professionale di realizzare autonomamente strutture che rendono possibile l’accesso remoto a sedi diverse dello studio o tramite computer portatili o tablet, vanificando così uno dei vantaggi del cloud.

Il tema della sicurezza

Indubbiamente infondato, invece, è il timore di molti in merito alla sicurezza dei servizi in cloud.

I sistemi di sicurezza utilizzati per proteggere i dati che risiedono su server remoti, quindi esposti nelle fasi di transito da e verso client fissi e mobili, sono infatti sicuramente più efficaci ed efficienti di quelli che il singolo professionista può adottare nel proprio studio, così come più sicuri sono i sistemi di archiviazione dei dati utilizzati. 
In questo contesto il cloud offre la possibilità di fruire di una gestione davvero professionale dei propri sistemi di security anche a soggetti medio-piccoli, come gli studi professionali, dove non è possibile disporre di figure professionali specializzate.

Le critiche e i rischi

Come dicevo, tuttavia, non mancano certo voci critiche nei confronti del cloud. Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation e creatore del sistema operativo GNU, ad esempio, ha definito il cloud computing una trappola creata per forzare le persone a comprare servizi all’interno di sistemi proprietari bloccati, che costeranno sempre di più nel tempo.“E’ stupidità, peggio di stupidità: è una operazione di marketing, una campagna pubblicitaria", ha detto, "Qualcuno sta dicendo che questo è inevitabile – e ogni volta che si sente qualcuno dire questo, è molto probabile che ci sia un insieme di imprese che lottano per renderlo vero." (2)
Secondo Stallman, gli utenti di computer dovrebbero essere interessati a mantenere le loro informazioni nelle proprie mani, piuttosto che consegnarle a terzi. Le critiche e i timori hanno un fondamento di verità.

Da un lato i costi: è vero che il cloud consente una maggiore flessibilità delle strutture e una più rapida “capacità di reazione”, ma con il crescere delle strutture crescono anche i costi e spesso in misura tale da far venire meno la convenienza rispetto a soluzioni “in casa”. Se è vero che si possono ottenere risparmi in termini di hardware e assistenza (non servono più un server potente, né sistemi di back up e archiviazione) è altrettanto vero che lo studio dovrà comunque sostenere costi di manutenzione e sicurezza dei client residenti, ma soprattutto si dovrà dotare di collegamenti internet sufficientemente potenti e stabili, e tutto questo ha un costo. La qualità della linea dati è infatti un aspetto assai delicato.
Il nostro Paese non brilla da questo punto di vista, per cui lo studio dovrà dotarsi non solo di una linea internet potente, ma soprattutto stabile: non sarà tanto la banda massima garantita ad essere importante, quanto la minima; quella in upload piuttosto che in download. Altrimenti il rischio è di ritrovarsi di fronte a monitor in cui il cursore non riesce a seguire la velocità di digitazione della tastiera.
La linea dati, prudenzialmente, dovrebbe poi essere ridondata, ossia duplicata con una seconda, anche se di minori prestazioni. Cosa fare se il nostro collegamento internet dovesse interrompersi?  L’unico modo per evitare il blocco dello studio per l’impossibilità di accedere ai propri dati è quello di dotarsi di una seconda linea internet di emergenza. Ma tutto questo ha un costo. Costo che riduce il vantaggio economico del cloud.

La conservazione e dei dati e la gestione in qualità del sistema

Altro aspetto assai sensibile è quello della conservazione dei dati.
Utilizzare un servizio di cloud computing per memorizzare dati personali o sensibili, espone l’utente a potenziali problemi di violazione della privacy. I dati personali vengono memorizzati nelle Server Farms di aziende che potrebbero anche risiedere in uno stato diverso da quello dell’utente. Il cloud provider, in caso di comportamento scorretto, potrebbe accedere ai dati personali per eseguire ricerche di mercato e profilazione degli utenti. (3)
Inoltre, rientrare da una soluzione cloud ad una residente potrebbe comportare difficoltà e costi imprevisti anche solo per poter recuperare e riutilizzare i propri dati. Non dimentichiamo, infatti, che tutto il nostro gestionale e tutti i nostri dati si troverebbero nella “nuvola”, per cui decidere di tornare in locale vuol dire, di fatto, reimpiantare lo studio da zero. Come la prima volta.
 
Altro aspetto da tenere in grande considerazione, anche per i profili di riservatezza dei dati, è quello dei parametri che riguardano disponibilità e sicurezza dei dati, tempi di ripristino in caso di malfunzionamenti o interruzioni del servizio.
Usare il cloud significa potersi avvalere, senza investimenti iniziali, di grandi e efficienti infrastrutture IT gestite in modo professionale e quindi disporre di servizi di qualità superiore a quelli accessibili ai budget e alle competenze di un qualsiasi studio professionale.

Significa però avvalersi di soggetti terzi e quindi delegare in modo cosciente le proprie responsabilità in caso di interruzioni o malfunzionamento dei servizi. Con ogni probabilità i dati saranno maggiormente al sicuro in un grande data center piuttosto che in un server situato nello sgabuzzino dell’ufficio, ma è bene preoccuparsi che chi gestisce i nostri dati offra forme di tutela contrattualmente ben definite.


I rapporti tra utilizzatori di servizi cloud e service provider sono regolati da un insieme di dettati che prendono il nome di Service Level Agreement (SLA): a seconda del livello di spesa e di servizio richiesto dal cliente, il service provider prende a carico impegni contrattuali più o meno stringenti, misurati sui parametri funzionali più opportuni. (4)
Quali parametri entrano a far parte degli SLA? Sicuramente quelli sulla continuità di funzionamento del servizio, sulla sicurezza dei dati, la periodicità dei backup e i tempi di ripristino in caso di guasti o simili.
Il professionista che decida di affidarsi ad un software in cloud per la gestione dello studio, dovrà quindi fare molta attenzione agli SLA proposti dal fornitore e alla loro chiarezza. Liste di numeri in gergo tecnico sono meno utili e più difficilmente valutabili rispetto a dati più semplici e omnicomprensivi quali, per esempio, i tempi di risposta delle applicazioni dal lato dell’utente. Per ovviare a parte di questi problemi, il notariato dovrebbe forse pensare allo sfruttamento delle risorse già in suo possesso.

La scelta finale

 
Poter usare l’informatica come un servizio, ossia fruirne come si fa con l’energia elettrica o il gas attraverso un fornitore specializzato è la grande promessa del cloud computing, sia pure molto più complessa da realizzare rispetto ad altri servizi.
E’ indubbio che alcune delle perplessità sul cloud computing abbiano un certo fondamento: pensiamo al rischio di un aumento dei costi con il crescere della struttura, ai rischi ed ai problemi dei collegamenti internet o alle maggiori complessità e difficoltà nel far comunicare tra loro il server remoto e le periferiche locali, come una banale stampante.

Ma è altrettanto indubbio che offre vantaggi in termini di flessibilità, accessibilità e sicurezza, che sono difficilmente raggiungibili per una struttura residente di uno studio professionale.
 

NOTE
 
(1) Il National Institute of Standards and Technology (NIST), agenzia del governo americano che si occupa della definizione di standard tecnologici, ha elaborato anche un documento ufficiale (consultabile al link http://csrc.nist.gov/publications/nistpubs/800-145/SP800-145.pdf) dedicato al cloud computing in cui vengono distinti tre modelli di servizio:
·          Cloud Infrastructure as a Service – IaaS (infrastruttura cloud resa disponibile come servizio): il fornitore mette a disposizione un’infrastruttura tecnologica complessa che offre, secondo un modello “a consumo”, gli strumenti hardware e software su server virtuali remoti che l’utente finale può utilizzare in sostituzione o in affiancamento ai sistemi in locale;
·          Cloud Software as a Service – SaaS (software erogato come servizio del cloud): il fornitore si limita a erogare via web una serie di servizi applicativi ponendoli a disposizione degli utenti finali;
·          Cloud Platform as a Service – PaaS (piattaforme software fornite via Internet come servizio):  il fornitore offre soluzioni applicative proprie create e implementate sulle esigenza del cliente (ne sono un esempio le Google Apps).
(3)  Per un approfondimento sul tema vedi: http://staff.polito.it/alessandro.mantelero/cloud_computing.html
(4) Nella nostra realtà, ad esempio, Notartel rende pubblici e trasparenti ai notai i livelli di prestazione dei propri servizi mediante le Schede della Qualità (SDQ) e le Relazioni periodiche sull’andamento dei servizi  pubblicate sulla intranet di categoria R.U.N.