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Il tema dell’intelligenza artificiale sembra oscillare fra distopie e utopie, fra notizie disastrose e notizie positive.
Il forum di Davos prevede la perdita di oltre 7 milioni di posti di lavoro nei prossimi due anni, per la maggior parte impiegati in ruoli amministrativi. Altre ricerche aiutano a rendere ancora più evidenti i cambiamenti che riguarderanno il mondo delle professioni in un futuro molto prossimo. Lo studio “Can Robots be Lawyers”, realizzato da due economisti del MIT e della North Carolina School of Law, ha evidenziato come nei prossimi anni il 13% del lavoro di un avvocato potrà essere completamente automatizzato; una previsione che in un’analoga ricerca di McKinsey raggiunge la percentuale del 23%. Le ricadute negative di questi scenari sono evidenti, soprattutto in termini occupazionali.
 
La stessa ricerca McKinsey evidenzia nello stesso lasso temporale che i posti di lavoro nelle professioni tecnologiche, ingegneristiche e della matematica aumenteranno di circa 2 milioni. Di recente Facebook ha confermato la volontà di portare a 20mila il numero degli ingegneri che lavoreranno per contrastare profili falsi e spam. Una recente rilevazione di Repubblica Affari&Finanza mostra che gli studi professionali che hanno investito maggiormente in tecnologie hanno visto aumentare di più il proprio reddito.

Il tema dell’Intelligenza Artificiale è un fattore sempre più presente e attuale nella vita degli studi professionali, e anche della Pubblica Amministrazione. L’obiettivo è di sfruttare sistemi automatici per ridurre le mansioni di routine e smaltire le pratiche che quasi in ogni ufficio si accatastano sulla scrivania.  Le nuove condizioni conseguenti lo sviluppo della IA presentano, tuttavia, una differenza rilevante rispetto alla sostituzione di lavoro umano mediante macchine a cui si è assistito in passato. Oggi viviamo ancora una fase pioneristica dell’intelligenza artificiale, ma la maggior parte degli osservatori è d’accordo nel considerare che ci confrontiamo con strumenti in grado di sostituire anche il lavoro umano di contenuto professionale molto elevato.
 
La vera domanda per ognuno di noi, quindi, dovrebbe essere: “Un robot potrebbe fare il mio lavoro?”. In Germania è nato il portale realizzato dall’Agenzia federale del lavoro di Norimberga – job-futuromat.iab.de – che di questa domanda ha fatto il suo slogan. Si digita una professione e si scopre il rischio di automazione. Certo il portale (disponibile solo in lingua tedesca) è costruito sui parametri della legislazione germanica e si potrebbe discutere in base a quali algoritmi è programmato; ma è sicuramente un segnale per il futuro che ci attende.
 
I notai, secondo un’opinione diffusa, non dovrebbero subire impatti rilevanti sul proprio modo di lavorare, in quanto la professione presenta già un alto tasso di informatizzazione (per curiosità abbiamo provato a scegliere nella maschera di interrogazione del portale tedesco le parole “notar/notarin” e il rischio di sostituzione da parte delle macchine è stato 33%, moderato secondo il sito).
Il Notariato italiano è fortemente interessato a questi temi e attraverso la Commissione informatica del Consiglio Nazionale e la propria società informatica Notartel ha iniziato le prime attività di approfondimento sull’impatto che l’intelligenza artificiale potrà avere nella quotidianità del lavoro, con particolare riferimento alla individuazione delle soluzioni a quesiti giuridici e alla compilazione di un atto notarile.
 
Nei confronti delle nuove tecnologie, come nel caso della blockchain, la principale attenzione del notariato riguarda l’impatto dell’adozione di questi strumenti in termini di sicurezza e tutela dei diritti delle persone e, nello specifico, se queste siano effettivamente neutre o non finiscano per favorire alcuni specifici soggetti (economicamente più forti).
La funzione di controllo e garanzia che l’ordinamento attribuisce a un soggetto terzo e imparziale, qual è appunto il notaio, non viene meno anche nel caso di utilizzo di questo tipo di tecnologie. Allo stesso tempo, l’adozione di questi nuovi strumenti e i conseguenti nuovi scenari professionali impongono anche ai notai uno sforzo culturale e operativo e l’impegno a formarsi e prepararsi ai cambiamenti in atto.