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Quanti degli articoli che abbiamo letto in questo periodo esordiscono con “L’umanità uscirà cambiata dall’esperienza del Covid-19”?

Sarà banale, ma è la pura verità. Perché questa sconvolgente tragedia che ci siamo trovati tutti inaspettatamente a vivere, ha costretto tutti noi a fronteggiare incresciose difficoltà, ma anche sfide dalle quali abbiamo potuto trarre non pochi insegnamenti.

Cosa abbiamo imparato dall'emergenza sanitaria

Primo fra tutti: il Mondo è davvero globalizzato. In tutti i sensi. Il virus non ha risparmiato nessuno, davvero nessuno. Ha colpito tutti i Paesi, ciascuno dei quali ha reagito con la propria ricetta, ma, inevitabilmente, ciascuna di queste, con i propri distinguo, ha portato a più o meno lunghi periodi di lockdown. Sono state chiuse tutte le attività, salvo quelle essenziali. E quella del notaio? Come è stata vista dai diversi legislatori dell’emergenza?

Sotto questo profilo l’Italia e la sua legge notarile, ha riscoperto una norma che l’ha resa davvero un unicum nel panorama europeo e mondiale: l’art 142 della Legge Notarile che recita così “E’ punito con la destituzione…il notaio che abbandona la sede in occasione di malattie epidemiche o contagiose”.

Si è detto “unicum” perché in nessun altro notariato estero esiste una norma analoga. Da una panoramica curata dall’UINL (Unione Internazionale del Notariato) risulta, infatti, che mentre la maggior parte dei Paesi ha considerato l’attività notarile come “servizio essenziale” ai fini del corretto svolgimento delle funzioni costituzionalmente garantite della tutela della Giustizia e dei diritti fondamentali dei cittadini e dell’economia (quindi di cui conservare la permanente apertura, ancorché nel rigido rispetto delle norme di distanziamento e limitatamente, nella Fase 1 della Pandemia, al ricevimento degli atti necessari ed urgenti), non ne sono mancati taluni come l’Argentina, l’Algeria, l’Ecuador, l’Indonesia, il Libano e Mauritius che hanno visto, quantomeno nella Fase 1, totalmente chiusi anche gli studi notarili.

Di qui ne è scaturita, a catena, una accelerazione su quanto già si discuteva da tempo e, cioè, sul tema della tecnologia e dei suoi rapporti con il ruolo del Notaio.

Italia, Europa, Mondo: la tecnologia e il notariato 

Il Notariato Italiano non si è fatto trovare impreparato se solo si pensi che,  sin dagli anni ’90, si è dotato di una propria società informatica la quale ha anche ricevuto, nello scorso novembre 2019, il Premio all’Innovazione assegnato da parte del Consiglio dei Notariati dell’Unione Europea - CNUE; non v’è dubbio, però, che gli eventi degli ultimi mesi hanno fatto da elemento catalizzatore di tutta una serie di dibattiti sulla digitalizzazione della nostra attività che altrimenti, avrebbero avuto dei ritmi molto più lenti.

Non è un caso che il programma della Presidenza del CNUE per il 2020 riservi un ruolo strategico al tema della tecnologia ed in particolare al contributo che un notariato sempre più digitalizzato possa fornire alla modernizzazione dei Paesi Membri e alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, i cui registri devono poter essere alimentati, in modo digitale, senza perderne in sicurezza, da parte del notariato.

Non è un caso, altresì, che la neo Presidente dell’Unione Internazionale del Notariato, l’argentina Cristina N. Armella, alla fine di aprile scorso, non si sia persa d’animo e, grazie all’aiuto della tecnologia, non abbia fatto mancare ai vari Paesi membri la sua vicinanza, organizzando visite a ciascuno di essi in modo virtuale, oltre che seminari via web (cd Webinar), tra cui, quello che ha avuto maggior successo, è stato organizzato con la collaborazione del Notariato Indonesiano lo scorso 15 maggio 2020 dal titolo “Le nuove tecnologie sono strumenti che aiutano i notai nell’esercizio della loro funzione pubblica”. Dallo stesso, al quale hanno partecipato i rappresentanti del notariato di 15 Paesi (Argentina, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Francia, Germania, Indonesia, Italia, Repubblica di Corea, Lituania, Mongolia, Paesi Bassi, Perù, Porto Rico, Federazione Russa e Ucraina), si sono ricavati numerosi spunti ed insegnamenti: uno di questi, come ha fatto notare la Presidente dell’INI Widyadhari, “La consapevolezza che siamo davvero una cosa sola, ma che la distanza fisica non è una barriera per creare occasioni di incontro culturale”. E che, se è vero che lo sviluppo tecnologico dei notai in ogni Paese richiede investimenti notevoli in formazione, è altrettanto vero, che la tecnologia servirà a sua volta alla diffusione della cultura della digitalizzazione anche della professione notarile. Quindi la tecnologia come strumento accessorio alla diffusione di se stessa, attraverso webinar e seminari virtuali che, paradossalmente (ma non troppo), si sono potuti organizzare con maggior facilità e con maggior frequenza di quanto non si riuscisse a fare nel “mondo analogico”.

Ma si è anche ribadito un concetto che non ci si stanca mai di ripetere: la tecnologia va vista e vissuta come strumento ancillare e accessorio alla pubblica funzione svolta dal notaio, non come sostitutivo di essa (come taluni pensano quando parlano di blockchain, intesa come “notarizzazione” di taluni processi).

Innovarsi senza perdere se stessi

Come ha efficacemente affermato il Vice Presidente UINL, Lionel Galliez, la missione del notariato è attribuire noi stessi, ai nostri atti, quella “pubblica fede”, funzione che non è possibile in alcun modo delegare a una macchina. Se la funzione pubblica ci deriva da una delega dello Stato, non possiamo tradire detta delega, a nostra volta subdelegandola ad una macchina. Lo Stato, in altri termini, ha delegato la propria “autorità” non a una macchina, ma a una “persona”: il Notaio. La sfida diventa quindi quella di “umanizzare il robot” e non il contrario!

Di qui la necessità che il Notaio tecnologico e digitale non tradisca il proprio DNA e quindi che la professione notarile vada nella direzione indicata dalla Presidente Armella di “innovare senza perdere la propria essenza”.

Quali i punti fermi di detta essenza? Non arretrare di fronte alla esigenza di preservare i valori fondanti della nostra funzione: (i) garantire la certezza della identità delle parti (ii) svolgere correttamente l’indagine della sua volontà, adeguandola alle inderogabili norme di legge anche – perché no – in chiave evolutiva, facendoci motori della creazione di diritto ispirato alle esigenze della prassi (iii) garantire l’autenticità della sottoscrizione dell’atto; (iv) garantire il controllo antiriciclaggio; (v) garantire il ruolo di professionista di prossimità e, quindi, l’aggancio con la competenza territoriale

Il tutto richiederebbe la creazione di un sistema del Notariato istituzionale, improntato ai caratteri della tutela della privacy e del controllo antiriciclaggio, facile nell’accesso e nella sua utilizzazione, garantito a tutti i notai e a tutti i cittadini a parità di condizioni; lontano da qualsiasi suggestione privata.

Per un'economia sostenibile 

Oltre che sui temi della tecnologia, la pandemia ci ha obbligati a soffermare la nostra attenzione anche su quelli dell’ambiente e dello Sviluppo Sostenibile dell’Economia. Non a caso la Commissione europea per la efficienza della giustizia civile (Cepej) del Consiglio d’Europa, ha, sin dal dicembre 2018, approvato la “Carta Etica Europea sull’uso dell’intelligenza artificiale”. E anche ai temi della sostenibilità dello sviluppo tecnologico e dell’economia, con particolare riferimento ai processi organizzativi delle società e delle imprese, il Notariato ha saputo dare il proprio lungimirante contributo: si pensi al progetto dello “Human Centered Business Model”, idea ambiziosa che, lanciata dalla Banca Mondiale e sostenuta dall’UINL, sta entrando nella fase operativa con progetti pilota. Il modello muove dalla elaborazione di un set di principi comuni con obiettivi di sostenibilità sociale, ambientale e di integrità, misurabili con appositi indicatori di performance e che entreranno a far parte integrante delle regole statutarie delle imprese che vi vorranno aderire.

Sia consentita una ultima riflessione: non v’è chi non veda che la tragedia della pandemia sta già trascinando dietro di sé la tragedia della crisi economica e con essa l’aumentato rischio di infiltrazioni criminali nel tessuto economico dei Paesi. Ora più di prima occorre non perdere terreno e anzi aumentare la lotta alla illegalità e all’opacità, di cui il Notariato è, da sempre, e deve continuare a rimanere, protagonista, come ha dimostrato nelle ultime statistiche dell’UIF dove, almeno a livello italiano, è tra le professioni obbligate quella che effettua la maggior percentuale di segnalazioni (il 91%).

Concluderei quindi dicendo che la pandemia ci deve portare nella direzione di uno sviluppo tecnologico della nostra professione ben studiato e non improvvisato, che possa offrire quelle garanzie di tutela della certezza e della legalità che ci sono state demandate dallo Stato e che rendono da sempre il notariato, a livello mondiale fattore di bilanciamento e di equilibrio tra certezza del diritto e concreti bisogni innovativi provenienti dal mondo reale.