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ferrarisProfessor Ferraris, il suo nome è legato all’affermazione dell'autonomia ontologica della sfera degli oggetti sociali (regolata dalla legge costitutiva “oggetto = atto iscritto”) per teorizzare che “niente di sociale esiste fuori del testo” (cd. documentalità). Nel mondo della esplosione della scrittura si può davvero sostenere che “con le nuove tecnologie tutti possono fare tutto”?

Pensare che tutti possano fare tutto è come pensare che tutti possano sapere tutto. In linea di principio non è impossibile, ma in realtà le cose vanno diversamente: io so un po’ di filosofia e qualche altra cosa, mi sono anche occupato filosoficamente di documenti, ma di qui a pensare che possa mettermi a fare degli atti giuridici ne corre. E sospetto che molti altri italiani si trovino nelle mie stesse condizioni. I documenti dovrebbero essere trattati da professionisti preparati a far questo; ciò, indubbiamente riduce la conflittualità e l’arbitrio, e questo è già molto, per una collettività.
 
Quali sono le conseguenze della sua visione del mondo digitale sui concetti di “soggettività” e di “documento"?

Di fatto, l’enorme crescita dell’archivialità che ha caratterizzato le nuove tecnologie ha comportato una delocalizzazione dei documenti (il biglietto del teatro è su carta, nel telefono, dappertutto) e soprattutto una proliferazione di documenti. E-mail, sms, una quantità di tracce che un tempo erano volatili come le parole ora restano, e possono essere adoperate per gli scopi più svariati, e in generale problematici. Proprio questa circostanza richiede che le procedure di verifica e di validazione vengano accresciute. Pensare che gli archivi parlino da soli e abbiano automaticamente un valore giuridico non è meno illusorio che pensare che per suonare Bach basti avere lo spartito.
 
Ci sono dei “pericoli” in una prospettiva di dominio della tecnologia nei processi di dematerializzazione dei documenti?

Basti pensare alla proliferazione. Più telefonini che umani. Metà dell’umanità sul web. 64.000.000.000 e-mail al giorno. 22.000.000 tweet. 1.000.000 di post. L’espressione “World Wide Web” può essere presa alla lettera, dal momento che il web costituisce un modello attendibile del mondo sociale - uno spaccato di una umanità globalizzata e non più eurocentrica, e che nel giro di pochi anni è destinata a crescere e forse addirittura saturare la totalità degli spazi sociali del pianeta. In questo contesto, la riflessione su che cosa conta come documento e i processi di validazione dei documenti diventano cruciali, se non vogliamo che il World Wide Web diventi il Wild West Web.