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Una delle più significative espressioni del ricorso allo strumento telematico nell’ambito del processo è indubbiamente rappresentato dalla cd. vendita telematica, ossia dal ricorso allo strumento telematico per lo svolgimento di una fase di cruciale importanza del processo di espropriazione forzata qual è la vendita forzata.

L’importanza dell’istituto

Siamo di fronte ad una di quelle ipotesi in cui il ricorso allo strumento telematico incide in modo significativo sulla struttura e la funzionalità stessa di un determinato istituto processuale.

In altri termini, non appare dubitabile che il ricorso allo strumento telematico rappresenti una risorsa particolarmente preziosa per rendere la vendita forzata maggiormente funzionale rispetto allo scopo cui è preordinata, ossia la trasformazione del bene oggetto di espropriazione forzata in una somma di danaro il più possibile elevata. Ove adeguatamente utilizzato, infatti, detto strumento consente di aumentare la platea dei potenziali offerenti, evitando al contempo talune criticità dello svolgimento delle operazioni di vendita con le tradizionali modalità legate alla presenza fisica degli offerenti.

Il ricorso allo svolgimento della vendita con modalità telematiche ha trovato riscontro prima nella prassi di taluni tribunali e poi a livello legislativo.

Evoluzione “legislativa” e attuale disciplina

L’attuale disciplina della vendita forzata telematica è il frutto di un tormentato iter solo in parte di rango propriamente legislativo, essendo detta disciplina in buona parte contenuta in un decreto ministeriale.

In estrema sintesi l’iter “legislativo” che ha condotto all’attuale disciplina della vendita forzata telematica si snoda attraverso i seguenti passaggi:

  • introduzione nel 2009 di una previsione, nell’ambito delle disposizioni di attuazione del codice di rito civile (l’art. 161-ter recante “Vendite con modalità telematiche”), che si limitava (e si limita) a prevedere che «il Ministro della giustizia stabilisce con proprio decreto le regole tecnico-operative per lo svolgimento della vendita di beni mobili e immobili mediante gara telematica nei casi previsti dal codice, nel rispetto dei principi di competitività, trasparenza, semplificazione, efficacia, sicurezza, esattezza e regolarità delle procedure telematiche»;
  • emanazione del suddetto decreto solo nel 2015 (d.m. 26 febbraio 2015, n. 32) e, dunque, ben oltre il termine (di sessanta giorni dall’entrata in vigore della norma di cui sopra) entro il quale doveva essere emanato (decreto, peraltro, divenuto effettivamente operativo solo nell’aprile del 2016);
  • introduzione, prima con riferimento all’espropriazione forzata mobiliare, attraverso la modifica dell’art. 530 c.p.c. (con il d.l. n. 90/2014 conv., con modificazioni, dalla l. n. 114/2014), e poi anche con riferimento all’espropriazione immobiliare, attraverso la modifica dell’art. 569 c.p.c. (con il d.l. n. 59/2016 conv., con modificazioni, dalla l. n. 119/2016), di una disposizione con la quale è stata sancita la sostanziale obbligatorietà della vendita in via telematica, stante la possibilità per il giudice di ricorrere alla vendita tradizionale nelle sole ipotesi in cui lo svolgimento della vendita in via telematica «sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura».

In tutti questi anni nessun intervento ha, invece, interessato l’effettuazione della vendita in via telematica in sede concorsuale, salvo quanto previsto da talune disposizioni contenute nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza che non sono però ancora entrate in vigore.

Più precisamente, all’art. 216 del suddetto Codice si prevede che, sia le vendite cd. competitive (di cui al comma 2) che quelle effettuate secondo e disposizioni del codice di procedura civile (di cui al comma 3) «sono effettuate con modalità telematiche tramite il portale delle vendite pubbliche, salvo che tali modalità siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura».

Per un verso, dunque, viene riproposta in sede concorsuale la preferenza del legislatore per la vendita telematica rispetto alla vendita tradizionale, attraverso la testuale riproduzione in questa sede dell’attuale disposto dell’art. 569 c.p.c., appena più sopra richiamato.

Per altro verso, in modo significativamente innovativo rispetto alla situazione attualmente vigente in sede di espropriazione forzata, viene introdotto l’obbligo, per entrambe le suddette ipotesi di vendita (sia quella competitiva che quella secondo le disposizioni del codice di procedura civile), di effettuare la vendita con modalità telematiche tramite il portale delle vendite pubbliche, destinato, dunque, a divenire il luogo deputato non solo ad agevolare l’incontro fra la domanda e l’offerta (oltre che a consentire l’effettuazione della pubblicità e della richiesta di visita dell’immobile), come accade attualmente, ma anche ad ospitare lo svolgimento della vendita in via telematica.

In altri termini, la scelta è nel senso di evitare il ricorso agli attuali “gestori” della vendita, ossia ai soggetti che attualmente mettono a disposizione della procedura la piattaforma per lo svolgimento in via telematica della vendita.

Criticità della disciplina vigente

L’attuale disciplina della vendita forzata telematica è affetta da svariate criticità, sia sul piano delle fonti che dei contenuti.

Sul piano delle fonti, la grossa criticità risiede nel fatto che, alla luce di quanto appena più sopra evidenziato, la sola sostanziale obbligatorietà per il giudice di ricorrere allo svolgimento della vendita in via telematica trova la sua fonte in una normativa di rango primario (ossia gli artt. 530 e 569 c.p.c.), mentre tutta la restante disciplina in materia è contenuta in un decreto ministeriale, ossia in una normativa di rango secondario che, in conformità con quanto disposto dall’art. 161-ter disp. att. c.p.c., avrebbe dovuto contenere le sole «regole tecnico-operative per lo svolgimento della vendita» e non anche, come è invece accaduto, una disciplina che è espressione di scelte di opportunità giuridica che competono al legislatore e che, pertanto, dovrebbero essere contenute nel codice di procedura civile o comunque in fonti di rango primario (pena la violazione della riserva di legge “processuale” di cui all’art. 111 Cost., oltre alla contrarietà con il suddetto art. 161-ter disp. att. c.p.c., posto che una «regola tecnica», per sua natura, dovrebbe essere espressione di criteri scientifici - per definizione asettici e neutrali - propri di una scienza specialistica e non di valutazioni di opportunità giuridica).

Sul piano dei contenuti, la vigente disciplina in tema di vendita forzata telematica è affetta da ulteriori criticità, in più occasioni evidenziate dalla dottrina con particolare riferimento: alla sostanziale obbligatorietà del giudice di ricorrere allo svolgimento della vendita in via telematica; alla disciplina delle differenti modalità di svolgimento della vendita in via telematica, soprattutto sotto il profilo della proposizione delle offerte; ai livelli di sicurezza informatica, sia delle piattaforme utilizzabili per lo svolgimento della vendita che dell’identificazione dell’offerente; all’individuazione del gestore ed alla delimitazione delle attività che possono essere svolte dallo stesso.

Prassi dei tribunali e prospettive di riforma

Per sopperire alle suddette criticità i Tribunali hanno adottato svariati provvedimenti di carattere generale (per lo più nella forma delle circolari) evidentemente volti ad assicurare anche una uniforme applicazione della disciplina in materia quanto meno nell’abito del medesimo ufficio giudiziario.

Il riferimento è, in particolare, alle difficoltà interpretative/applicative poste dalla vigente disciplina con riferimento:

- al modo in cui debba essere intesa la cd. clausola di salvaguardia di cui agli artt. 530 e 569 c.p.c. (e, dunque, la possibilità per il giudice di ricorrere alla vendita analogica anziché a quella telematica);

- alla scelta fra le differenti modalità di vendita telematica;

- all’individuazione del gestore della vendita telematica;

- alla proposizione delle offerte (e dunque tutte le relative questioni problematiche connesse alla figura del presentatore, alla segretezza delle offerte, ai possibili vizi peculiari della presentazione dell’offerta in via telematica, etc.);

- allo svolgimento della gara (nelle differenti possibili modalità contemplate dal D.M. 32/2015);

- al ricorso alle cd. sale d’asta;

- all’applicabilità delle disposizioni introdotte dal legislatore alle procedure pendenti.

Nonostante i lodevoli sforzi profusi dai tribunali, anche sul piano organizzativo, purtroppo, però, non tutte le suddette criticità possono ritenersi superate e, al contempo, presso i diversi Tribunali si sono instaurate anche differenti prassi operative.

In estrema sintesi è possibile affermare che, nonostante i lodevoli sforzi profusi dai Tribunali, le criticità della normativa vigente in materia, oltre a determinare l’instaurarsi di prassi difformi, non consentono all’istituto della vendita forzata telematica di svolgere appieno la funzione che gli è propria, ossia quella di prezioso strumento attraverso il quale la vendita forzata può potenziare, in talune ipotesi, la sua efficacia, consentendo così alle procedure espropriative di conseguire un risultato più soddisfacente, in termini di ricavato, per i creditori.

In ragione di ciò, e delle novità introdotte in materia dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (anche se non ancora entrate in vigore), è dunque sempre più avvertita, anche in dottrina, l’esigenza di un intervento del legislatore che miri: per un verso, a superare le suddette criticità sul piano delle fonti e dei contenuti della disciplina vigente in materia; per altro verso, un coordinamento armonico fra la disciplina relativa alla vendita forzata telematica in sede espropriativa e quella in sede concorsuale.